CSEN Abruzzo

I carri armati alla porta

Questa vignetta è un po forte, perchè ha un significato emotivamente pesante. Rappresenta un momento buio nella storia del mondo. Ma è una vignetta, qualcuno ha pensato che ci si possa scherzare almeno un po. Mi ha colpito perchè rappresenta abbastanza i miei sentimenti in questo momento.

Sono stato chiamato tre anni fa a fare il presidente della Lega Atletica UISP Abruzzo, mi considero un "tecnico" che lavora per lo sport, sono poco attrezzato per la lotta politica, mi trovo in grosso disagio. Negli anni precedenti abbiamo avuto un fiero contrasto con la Fidal, che ha tentato di bloccare diverse nostre gare per futili motivi, nel tempo siamo riusciti ad affermare la nostra credibilità e far crescere il nostro movimento qualificandoci come persone serie.

Se dovessi riassumere il mio atteggiamento, a parte una spigolosità che mi viene contestata, (considero la diplomazia un modo elegante di dire bugie, e non so essere bugiardo), per me: Gli accordi presi sono sacri, si possono rinegoziare, ma altrimenti vanno rispettati; non ci sono società di serie A e di serie B, o quantomeno a tutti è dovuto lo stesso trattamento e la stessa attenzione, l'unico parametro discriminante può essere la dimostrata NON serietà, ma tutti hanno le stesse possibilità. Non favorirò mai nessuno a danno di un'altro. Le mie decisioni sono mie, ma nascono sempre collegialmente.

Quest'anno avrebbe dovuto segnare la fine del Circuito Corrilabruzzo, disintegrato dai tre circuiti Fidal. Invece abbiamo avuto una stagione esaltante, in tutte le nostre gare abbiamo avuto un 30-40% in più di partecipanti, e abbiamo creato delle manifestazioni start-up che si sono imposte come già mature fin dalla prima edizione. Siamo stati una squadra davvero vincente, e di questa immagine ne ha beneficiato il circuito e insieme la UISP. Non ho voluto essere un protagonista di questo, e ho preferito lavorare in trincea per far funzionare al meglio le cose. Ho lavorato per far crescere le persone, e molti lo hanno capito.

A inizio Luglio ci fu una riunione in cui fui pesantemente attaccato da Francesco Di Crescenzo, che brandiva mie email personali estraendone delle parti in modo totalmente estraneo al contesto per screditarmi in ogni modo, rinnegando molti accordi presi in precedenza tra tutti noi, con la scusa che non erano scritti, e con argomenti in alcuni casi al limite del ridicolo, arrivando a paragonare il ruolo e la visibilità del giudice, che avevamo definito per quegli accordi "incompatibile" con le gare concorrenti, a quello dell'atleta partecipante.

A questo attacco, che considero tuttora molto vile, tenuto conto che la corrispondenza personale è tutelata con rigore anche dalla legge (la diffusione di corrispondenza personale a terzi è un reato penale),  ho risposto annunciando verbalmente le mie dimissioni. Il giorno dopo, in una gara Fidal, a quanto mi ha raccontato un amico, lo speaker le avrebbe annunciate al microfono con tono trionfante. Che ambiente fantastico il nostro.

In quella riunione Di Crescenzo, motivò questa cosa dicendo che "il centro della lega era sempre stato lui, e io gli facevo ombra". Francamente, ho sempre fatto il possibile per lasciare a lui quel centro e quel sole, che a me non interessa, ho solo voluto essere un presidente-garante. Le nostre strade si sono divise progressivamente via via che ho rifiutato di riconoscere come mie e quindi smentito o cassato decisioni autonome sue che erano in contrasto con i miei principi. Capisco le conseguenze, non ha più chiesto quando sapeva che la risposta era no, e lo sapeva perchè era in palese violazione di accordi, regolamenti o buon senso. La faccia, oltre che della Lega, era mia (quella si), e non l'ho mai considerata come in vendita. A nessun prezzo.

Ho cominciato a contestare e contrastare questi atteggiamenti pubblicamente, avrò sbagliato come qualcuno mi dice, ma anche ora, non vedo alternative possibili. Non farlo avrebbe incoraggiato a farne sempre di più. Della serie:"intanto lo faccio, tanto non mi diranno niente". In realtà mi dispiace, perchè non penso che Francesco volesse questo, ma a mio avviso si è fatto un po manovrare. Era da intervenire sul manovratore, ma purtoppo non ci potevo e non ci posso arrivare. E del resto siamo adulti, vaccinati, e responsabili delle scelte che facciamo.

Già a Vacri in Agosto, era stata definita valida come campionato regionale a punti, arbitrariamente e senza consultare nessuno, una gara Fart Sport (quindi di Francesco). Ora lo stesso accade per la Maratona di Pescara, che è stata dichiarata Campionato Regionale UISP anche qui senza chiedere a nessuno (tranne Francesco di Crescenzo e Alberto Carulli, per bocca dell'organizzatore). La Lega Atletica Nazionale non ne è felice.

La novità di adesso, è che, a quanto mi dicono, Francesco Di Crescenzo sta chiedendo agli altri consiglieri regionali dela Lega di dimettersi, (uno ha rifiutato, uno ha aderito, uno è in bilico, ma se la volontà "centrale" è questa alla fine lo convinceranno) cercando di azzerare il consiglio di Lega. Suppongo per ottenere un commissariamento "amico", e dovrei pensare vista la scelta di tempo, per consolidare il Campionato Regionale abusivo di maratona a Pescara.

Non ho gli strumenti e la visione per capire, quali siano gli obiettivi, perchè questo mi sembra un misero risultato rispetto alla caduta di immagine a questo punto avremo in ogni caso. Posso pensare che si voglia consegnare la Lega in mani più disponibili delle mie a certe trattative e a certi interessi.

Il sito Corrimaster, che ha altri motivi per criticare la Maratona di Pescara, mi offre una spiegazione: cioè che "la manifestazione di Pescara venga utilizzata come un trampolino di lancio per raggiungere obiettivi diversi dalla mera attività sportiva e che oggi è uno strumento di una lotta politica all’interno di un EPS". Qualcuno vuole usare quella manifestazione per prendere il mio posto. Sarà il nuovo commissario? Altri propongono di azzerare il Circuito Corrilabruzzo e ricominciare da capo con i "vecchi amici". I carri armati sono alla porta.

Dov'è il problema? Bastava dirlo. Ma assumersene la responsabilità. Pubblicamente.

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