“I have a dream…” - Parte Seconda
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- Categoria: Altre Gare 2010
- Creato Mercoledì, 24 Novembre 2010 12:36
- Scritto da Cecilia Di Benedetto (FIDAS)
Difficile spiegare le emozioni provate durante il percorso. E’ un’accavallarsi di urla, fischi, battiti di mano, tutti intervallati dalla musica delle band musicali presenti in strada. Il risultato conta assai poco, anche perché il tracciato “nervoso”, caratterizzato da ponti e continui saliscendi, non offre molte velleità di tempo.
Per la maggior parte degli atleti l’importante è arrivare senza troppo affanno per godersi lo spettacolo finale di Central Park, transitare sotto lo striscione del ventiseiesimo miglio, quando mancano solo 200 yard all’arrivo e percepire che si sta compiendo l’impresa.
Questa è resa possibile dal coinvolgimento della gente che non si stanca mai di incoraggiare, per ore ed ore, chiunque le passi vicino, pur di sentirsi parte dell’evento. Perché di questo si tratta, di un evento non solo sportivo, ma in qualche modo anche culturale e perché no, mediatico, che mette in luce l’anima più vera dell’America, capace di essere sì, la terra delle contraddizioni, ma anche quella dell’integrazione multirazziale. Il percorso della gara è un grande anello che unisce non solo quartieri, ma mondi lontani, da Brooklyn a Manhattan, dal Bronx al Central Park.
E’ una carrellata indescrivibile di luci, suoni e colori. Tra gli atleti ed il pubblico ci sono neri, bianchi, sudamericani, immigrati, ma improvvisamente la provenienza di ognuno, il ceto sociale, la fede religiosa, sembrano non avere importanza. perché quando si corre si è liberi, e quando si è liberi non si ha paura della diversità.
Credo che la più grande ricchezza del nostro sport consista proprio in questo: nel fatto che sia accessibile a tutti, forti e meno forti, grandi e piccoli, grassi o magri. La differenza sostanziale la fa l’impegno ma anche la serenità con la quale si affrontano le gare. Un giorno va bene, l’altro va male. Non siamo macchine ma persone umane, che con umiltà sanno rimettersi in gioco per migliorare, ma soprattutto per divertirsi.
In conclusione concedetemi qualche parola di stima per un atleta che ha fatto la storia del podismo: Haile Gebrselassie, detentore del record mondiale di Maratona conseguito a Berlino con il tempo di 2h03’59”. Ho avuto la fortuna di incontrarlo per caso mentre andavo alla conferenza pre-gara di Orlando Pizzolato. Un ometto di bassa statura, poco appariscente, ma con un sorriso così totalizzante e coinvolgente tanto da far amare la fatica ed il sacrificio della corsa.
Bye, bye New York! See you next time!
All'interno, altre foto e il video di Marcello Pulsoni